Quella che si è da poco conclusa è stata una stagione ricca di soddisfazioni per Simon Clarke, ciclista australiano che corre per la Education First. Nonostante non sia mai riuscito ad alzare le braccia al cielo, il 33enne ha terminato nella top 10 di corse prestigiose come l’Amstel Gold Race (2°), le Strade Bianche (8°), la Milano-Sanremo (9°) e la Tirreno-Adriatico (8° della generale). Quando non è in giro per il mondo a gareggiare, la sua vita si divide fra Australia, Andorra e Italia, a una manciata di chilometri dal confine con il Ticino. Proprio grazie a questa vicinanza abbiamo avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con lui.
Simon, cosa ha spinto un ciclista australiano a prendere casa in Provincia di Varese?
Sono venuto in Italia a16 anni con la Nazionale australiana che ha la sua base per le corse in Europa a Gavirate. Non avrei mai pensato che dopo così tanti anni sarei stato ancora qui…
Nel complesso, a 33 anni, hai forse vissuto la tua miglior stagione. Tu che bilancio fai?
È stato un anno molto bello per me, uno dei migliori della mia carriera. Sono molto soddisfatto dei risultati che ho ottenuto e non vedo l’ora di cercare di migliorare ancora la prossima stagione.
Ti è mancato l’acuto ma hai conquistato molti ottimi piazzamenti, su tutti il secondo posto all’Amstel, dietro a Van der Poel. Come hai vissuto il “pazzo” finale di quella gara e cosa pensi di questo corridore?
È stata davvero una gara unica e ricca di emozioni, positive e negative. Ero fra i primi ma a 10 km dall’arrivo sono stato ripreso dal gruppo di Van der Poel e quando mi hanno raggiunto pensavo che la mia corsa fosse finita. Ma sul rettilineo finale ho visto che avremmo potuto riprendere i tre corridori davanti a noi e lo stato d’animo è cambiato. Ho fatto un ottimo sprint ma sono riuscito ad arrivare “solo” secondo, dietro alla bestia Van der Poel.
Siamo di fronte a un ricambio generazionale, quali sono i giovani che ti hanno impressionato di più?
Fra quelli che si sono appena affacciati al ciclismo professionistico dico sicuramente il belga Remco Evenepoel e lo svizzero Marc Hirschi. Sono molto giovani ma sono già molto forti.
Che obiettivi hai per la prossima stagione?
Il mio programma di gare sarà praticamente identico a quello di quest’anno, così come la preparazione. Cercherò di confermare quanto fatto e, possibilmente, di migliorarmi ulteriormente.
E una volta terminata la carriera da professionista, hai già qualche idea?
Bella domanda! Una domanda che con gli anni che passano mi viene fatta sempre più spesso… Per ora non lo so. Ho un’attività di cicloturismo che si chiama One More Ride e potrebbe essere una cosa che continuerò a fare quando smetterò con le corse.
Non è raro vederti pedalare sulle strade ticinesi. Qual è il tuo posto preferito?
Mi alleno spesso in Ticino, in particolare sul Generoso, che è una delle mie salite preferite. Ma tutta la regione mi suscita tanti bei ricordi, come quelli legati al Mondiale del 2009.
Ti capita di allenarti con alcuni dei molti ciclisti che vivono in Ticino?
Sì, mi trovo spesso con gli italiani che abitano in zona, come Vincenzo Nibali, Fabio Aru, Enrico Gasparotto e Dario Cataldo. È un bel gruppo e puoi essere certo di far fatica!
Il tuo idolo?
Ti dico due nomi: Cadel Evans (che abita poco lontano, a Stabio) e Simon Gerrans, entrambi australiani come me. Sono molto forti e mi hanno insegnato molte cose negli anni per aiutarmi ad arrivare a questo livello.
Il tuo migliore amico nel gruppo?
Nicolas Roche. Siamo stati vicini di casa per alcuni anni. Siamo sempre in contatto e ci sentiamo spesso.
Il corridore con cui una volta hai avuto una discussione accesa?
Nei momenti caldi delle corse capita di avere qualche discussione, ma in generale andiamo tutti abbastanza d’accordo.
Per concludere, cosa pensi di:
Sagan: Hulk.
Valverde: immortale (e fortissimo).
Froome: il numero uno nella preparazione e nella lettura delle corse.
Matthews: il numero uno dei puncher. Se non ci fosse stato Sagan sarebbe stato il più forte degli ultimi anni.