Da anni una delle più conosciute ed apprezzate giocatrici di hockey elvetiche, la poschiavina Evelina Raselli è tornata quest’anno a vestire la maglia delle Ladies di Lugano dopo aver vissuto recentemente anche un’esperienza all’estero, nel campionato svedese.  A 28 anni, il centro bianconero può vantare un palmarès degno di nota (spiccano i 4 titoli nazionali e i bronzi ottenuti con la Svizzera ai Mondiali 2012 e alle Olimpiadi 2014) e un bagaglio personale altrettanto ricco (è a un passo dai 400 punti in SWHL A) che ne testimoniano le capacità. Corner non si è quindi lasciata sfuggire l’occasione di poter rivolgere 14 domande alla numero 14 della nostra Nazionale.

Evelina, sei tornata quest’anno al Lugano dopo un’esperienza all’estero, quali sono i motivi che ti hanno spinto a scegliere di nuovo le Ladies?

I motivi sono diversi, ma principalmente è il gruppo. Lugano era ed è la mia squadra, ho passato dieci anni qui prima di voler vedere altro. Era ovvio che fosse la mia prima opzione in Svizzera.

E se sei tornata qui è ovviamente con l’idea di vincere.

Odio perdere in generale, quindi l’obiettivo è quello, ma non significa che sia facile. Abbiamo una buona squadra, ma non basta essere bravi, bisogna vincere le partite che contano.

Tu vivi in Svizzera interna, quindi durante la settimana non puoi allenarti a Lugano. Parlaci della tua pianificazione settimanale per tenerti in forma.

Seguo il programma messo in piedi dalla Nazionale, che permette sia a me che ad altre ragazze di allenarci. Il lunedì e il mercoledì ci si trova al centro di competenza di Cham: arrivo verso le 17, faccio palestra o esercizi, poi abbiamo un coach con cui facciamo skills e skating, e poi c’è l’allenamento vero e proprio sino alle 20.45. È una bella opportunità perché ne possiamo approfittare sia a livello individuale che di squadra, e anche se non ci sono tutte le ragazze della Nazionale, il livello è comunque alto. Invece il martedì o il giovedì vado in palestra per conto mio, con l’altro giorno che è libero.

Con il problema attuale legato al coronavirus ci sono delle differenze in squadra?

La situazione è ovviamente particolare e dobbiamo fare attenzione. Dal lato sportivo non direi che è cambiato molto, è più una questione personale. Però sì, in spogliatoio dobbiamo avere distanziamento e mettere sempre la mascherina, anche tra un tempo e l’altro e questo fa strano.

Parlaci della tua scelta lo scorso anno di andare a giocare in Svezia.

Era per me il momento giusto di fare questo passo. Mi si era presentata anche in precedenza questa possibilità, ma non avevo mai avuto il coraggio di mollare tutto e partire. L’anno scorso mi sono detta che era il momento di farlo. È stata una bella esperienza, totalmente diversa da quello a cui siamo abituati qui. Devo dire che la vita da professionista è molto strana, in più io l’ho vissuta senza avere vicino amici o familiari. Però è sicuramente bello potersi concentrare solo sull’hockey e avere anche il tempo di recuperare fisicamente. Qui alle 7.30 sono in ufficio al lavoro, è tutto un altro ritmo di vita, ma sono contenta di averlo finalmente provato.

Insomma, una scelta decisamente coraggiosa, ma che ti ha anche ripagata.

Come ho detto era il momento di farlo, a 28 anni non so quante volte ancora avrò un’opportunità del genere. Ci sono stati momenti positivi e altri meno, comunque il campionato in Svezia è di livello molto alto e si dà molta importanza all’hockey femminile, praticamente tanto quanto a quello maschile e non me lo aspettavo.

Paese diverso, campionato diverso, anche lingua diversa. È stata un problema?

Pensavo fosse più facile imparare lo svedese! Mi ero informata per dei corsi, ma gli orari non corrispondevano con il mio tempo libero. Per questo mi spiace, ma comunque là parlano tutti inglese, anche la signora alla cassa del supermercato, e questo facilita l’integrazione. Poi in squadra c’erano tante ragazze straniere, quindi la lingua usata era sempre l’inglese.

Nel 2020 a causa del COVID non avete potuto disputare i Mondiali e la Nazionale in pratica non ha mai potuto giocare delle partite, in questo periodo sei rimasta in contatto con le tue compagne?

Oltre a un piccolo camp in agosto, durante l’estate facevamo insieme un allenamento a distanza, almeno per tenerci un po’ in contatto. Una volta iniziata la stagione ci troviamo comunque a Cham, dove non ci sono tutte le ragazze della Nazionale, è vero, ma comunque una buona parte.

Hai vinto tanto con il club, ma con la Nazionale ti sei tolta quelle che sono, immagino, le soddisfazioni maggiori, penso soprattutto alla medaglia di bronzo conquistata alle Olimpiadi 2014.

Beh, la medaglia olimpica è il sogno di ogni sportivo, sicuramente è il traguardo più importante che ho raggiunto. Però devo dire che con il fatto che io stia ancora giocando non ci penso spesso, naturalmente è sempre con me, ma al momento il mio pensiero è fisso sui prossimi obiettivi.

Pensi forse di non esserti ancora resa conto di ciò che hai fatto e che lo capirai solo una volta che hai smesso?

La medaglia rimane una cosa speciale, ma al momento nella mia testa c’è altro. Forse sì, me ne renderò più conto un domani.

Posso immaginare, dunque, che il tuo prossimo obiettivo con la Nazionale, oltre ai Mondiali, siano i Giochi Olimpici del 2022?

Ho riflettuto dopo la Svezia se continuare o meno, l’impegno è tanto, con in più il lavoro e la vita privata. Ma ho deciso di continuare con l’obiettivo del 2022. Speriamo innanzitutto di poter disputare i Mondiali quest’anno, però l’obiettivo delle Olimpiadi è quello che mi ha spinta a dare ancora il 100% in pista. Con gli anni ho imparato tante cose, adesso so di cosa ho bisogno per sentirmi in forma quando gioco, ma ovviamente sono anche più cosciente delle cose a cui devo rinunciare.

Come vedi l’hockey femminile in Svizzera in questo momento?

Con la situazione attuale è difficile giudicare. Penso comunque che a livello di Nazionale abbiamo fatto grandi passi avanti, sia noi ragazze individualmente, ma credo soprattutto riguardo a ciò che ci viene messo a disposizione a livello di organizzazione, e anche pubblicamente la Nazionale ha un risalto maggiore. A livello di club forse la cosa si sente meno. Secondo me i grandi club di hockey maschile dovrebbero dare una mano all’hockey femminile facendo più investimenti, che vanno dall’organizzazione e le infrastrutture, fino all’attrezzatura personale. Penso che ora ci siano più bambine che cominciano a giocare, servirebbe soprattutto avere delle maggiori possibilità una volta che crescono.

Anche se hai solo 28 anni sei comunque una delle “veterane” della squadra, senti una responsabilità particolare sia sul ghiaccio che fuori?

Con gli anni si impara a vedere cose che magari prima non notavi, piccole cose che potevi fare e che potevano avere un’influenza su qualcuno. Io cerco di dare l’esempio sia sul ghiaccio che fuori, poi penso che ognuno abbia il proprio carattere. Anche tra le giovani dipende da ragazza a ragazza, ci sono quelle che vengono più volentieri a chiedermi qualcosa ed altre che invece si trattengono. Ora cerco di farci più caso.

Abbiamo parlato di passato e di presente, concludiamo con una domanda sul futuro. Che cosa vedi nel tuo di futuro?

Non lo so, io sono una persona che guarda al presente e mi pongo obiettivi a corto termine. Al momento quello più lontano sono le Olimpiadi, più avanti non saprei. Sicuramente più in là mi piacerebbe fare un bel viaggio, prendere lo zaino e partire. Anche perché in questo momento non è il caso! Un mio ruolo nell’hockey una volta che smetto? Forse allenare perché no, ma per il momento non ci ho proprio pensato. Però credo che mi piacerebbe poter dare agli altri quello che ho imparato io, sia come giocatrice che come persona.