Sabato 14 settembre la squadra delle felpe rosse del Do Yu Kai Chiasso ha sconfitto entrambi i team avversari aggiudicandosi il meritato primo posto in campionato.
Grazie alle due vittorie, i judoka chiassesi conquistano automaticamente sia la prima posizione sia la promozione in prima lega al prossimo anno. Sabato 26 ottobre si terrà l’ultimo incontro di stagione a Uster che concluderà la prima stagione dei judoka chiassesi nell’ambito della competizione a squadre.
Il judo viene associato all’individualità: come ogni disciplina di combattimento, ai più risulta difficile inquadrarla in una visione di squadra. Eppure le gare a squadre sono ciò che maggiormente si avvicina all’ideale del fondatore Jigoro Kano: sconfiggere l’egoismo che si nasconde in ognuno di noi.
Il judoka, combattendo per una squadra insieme ai suoi compagni di tatami, non combatterà più unicamente per se stesso e il proprio ego, bensì per la vittoria di gruppo. Tutti uniti verso un unico obbiettivo, saldi e fieri di lottare sotto lo stesso stemma.
Abbiamo quindi deciso di intervistare i giovani judoka per sapere le loro impressioni riguardo a questa nuova esperienza. Tra gli intervistati figurano i combattenti a -90 kg Davide Savoldelli e Aros Rosa, Christian Eduard (-81 kg), Mirto Regazzoni e Niccolò Monté Rizzi (entrambi -73 kg). In corsivo le domande.
Davide hai esordito lo scorso turno ottenendo due belle vittorie. Come è stato il debutto?
Sono sicuramente molto soddisfatto soprattutto dopo il lungo infortunio. Combattere con e per i miei compagni di palestra è un’esperienza e diversa dal solito, decisamente molto stimolante. Sono felice di aver contribuito alla vittoria del gruppo.
Aros pratichi questo sport da molti anni ormai, cosa ti affascina di questa disciplina?
Il rispetto che insegna, l’applicazione della buona educazione, il rigore nel seguire i valori sia sul tatami sia nella vita di tutti i giorni. L’esperienza della gara a squadre non fa altro che rinvigorire il mio amore per il judo. Se in futuro dovessi smettere, so per certo che ritornerei un po’ più anziano a praticarlo poiché ne sentirei sicuramente la mancanza.
Christian, fra i judoka del Do Yu Kai sei quello con più esperienza a livello internazionale essendoti allenato in altre nazioni (ad esempio Svezia, Spagna, Germania, Francia e Italia). Quali risultati ambisci ad ottenere nel judo?
Attualmente aspiro a diventare campione svizzero quest’anno e anche il prossimo. Poi vorrei partecipare in futuro ai tornei internazionali più importanti come il Grande Slam di Parigi in qualità di judoka per la nazionale elvetica. Sono contento di aver combattuto per la squadra: questo genere di competizioni hanno un clima più sereno anche perché non sei tu da solo, puoi sempre contare sui tuoi compagni.
Mirto tu rientri da un lungo infortunio: cos’hai provato a combattere di nuovo? Cosa ne pensi della gara a squadre?
Ho provato molta gioia: amo combattere e ne ho sentito la mancanza. A casa mi allenavo, ma non vedevo l’ora di rimettermi il judogi e darmi da fare sulla materassina. Ammetto che mi piace molto di più la gara a squadre rispetto a quella individuale. C’è un clima di gruppo, una serenità e un affiatamento eccezionali che mi riempiono di gioia.
Niccolò infine, il più giovane dei nostri combattenti: come è stato affrontare degli adulti per la prima volta in gara?
Un’esperienza nuova e difficile: c’è sempre il timore di incontrare un avversario più tosto del previsto, ma fa parte del gioco del judo. È un insegnamento fondamentale: affronta le tue paure e sconfiggile. La gara a squadre è ottima per rinforzare la coesione di un team. Tutti ci sosteniamo e supportiamo vicendevolmente.
In conclusione l’attuale responsabile della squadra Manrico Frigerio propone una sua riflessione sulla compagine chiassese.
«I ragazzi hanno superato ogni aspettativa: nonostante abbiano affrontato avversari più anziani, hanno fornito prestazioni migliori rispetto ai loro standard delle gare individuali. L’esperienza di quest’anno di riscrivere la squadra è stata estremamente positiva per tutti: società e atleti. Personalmente ho sempre apprezzato maggiormente le gare a squadre rispetto a quelle individuali e scommetto che, esattamente come me, una buona parte dei ragazzi tra una decina di anni si ricorderanno più delle loro prestazioni con la squadra che quelle individuali.»