Doping. Una parola che ognuno di noi collega a qualche sportivo in particolare o a qualche avvenimento del passato, magari nemmeno troppo lontano. Quasi sempre il nesso è con qualcosa che non c’entra con la Svizzera. Le prime associazioni che riesco a fare tra la Svizzera e le sostanze dopanti sono fondamentalmente due: Floyd Landis, pizzicato positivo nel 2006 dopo aver vinto il Tour con la Phonak (team rossocrociato) e il campione del mondo elvetico Oscar Camenzind che annuncia il ritiro nel 2004 dopo essere risultato positivo all’EPO.
Il doping è tornato a far parlare di sé di recente con la vicenda Schwazer, a cui abbiamo dedicato l’ultima puntata del podcast, che trovate all’inizio dell’articolo. Ci siamo così addentrati in questo mondo fatto di scorciatoie e scorrettezze per capire come funziona l’antidoping in Svizzera. Lo ammetto, conoscevo poco o nulla. E quindi, come ogni ricerca che si rispetti, non potevo che partire da Google, digitando le due parole chiave: “Antidoping” e “Svizzera”. È stato quindi facile scovare la Fondazione Antidoping Svizzera, ovvero l’ente che si occupa di combattere questo male sportivo all’interno della Confederazione.
Quello che fa Antidoping Svizzera è effettuare i test antidoping, indagare in caso di sospetti e collaborare con le altre organizzazioni internazionali. I test vengono effettuati sempre, di giorno come di notte e in qualsiasi luogo. Non c’è un età minima, anzi, il doping giovanile è tenuto sotto osservazione, come ci spiega Jonas Personeni, membro della Fondazione: “Studi esteri dimostrano che i casi di positività nei giovani stanno aumentando”.
Attualmente sono 21 gli sportivi sospesi in Svizzera, con sei calciatori e quattro ciclisti. Ma è proprio quest’ultimo lo sport storicamente maggiormente toccato, conferma lo stesso Personeni. Nel rapporto del 2019, Antidoping Svizzera annuncia di aver effettuato 2’017 controlli, un numero in linea con l’anno precedente. A destare preoccupazione è però il numero di sospesi, che è in aumento negli anni: “Sì, la tendenza sembra dire ciò”, ammette il nostro interlocutore.
Negli anni il doping si è evoluto ed è cambiato. Ora si predilige il micro dosaggio: “Parliamo di sostanze come l’EPO o gli ormoni della crescita, ovvero sostanze proibite che sono difficili da scovare e che il corpo elimina rapidamente”. Un indizio che sembra confermare quel vecchio adagio che sostiene come il doping sia sempre un passo avanti all’antidoping. Ma Personeni, pur ammettendo che il sistema non sarà mai privo di falle, ci tiene a sottolineare che negli anni “il gap è stato ridotto”.
Una situazione difficile che la pandemia ha reso ancora più complicata. Nella scorsa primavera la mobilità ridotta delle persone ha limitato anche il lavoro di Antidoping Svizzera, che ha potuto effettuare meno controlli. Personeni, concludendo, non ritiene che sia aumentato l’uso di sostanze dopanti: “Per doparsi serve una certa conoscenza, una cerchia di contatti e del supporto medico. Iniziare a doparsi in quelle circostanze è improbabile. Non abbiamo indicazioni in tal senso”.
La lotta al doping passa attraverso organizzazioni come Antidoping Svizzera, ma tutti possono fare la propria parte: sul sito internet della Fondazione c’è ad esempio una sezione dedicata alla segnalazioni, anonime o non.