Con Euro 2020 (o piuttosto 2021) pronto a partire, appare d’obbligo sfruttare l’occasione per aprire l’album dei ricordi di questa manifestazione. E stavolta, perché no, fermarsi a leggere l’insolita voce “meteore”.
Euro 1996
I grandi tornei internazionali sono sempre attesissimi, non solo perché pieni di campioni, ma anche perché fanno spesso storia a sé e sono capaci di regalare al contempo grandi delusioni, come pure splendide favole. È divenuta praticamente una prassi, infatti, che in ogni prestigioso campionato ad eliminazione appaiano insoliti ed inaspettati protagonisti, calciatori capaci di brillare al di sopra di ogni aspettativa ma che poi, avulsi dal contesto e messi magari in una squadra di club (spesso nuova in seguito proprio alle suddette prestazioni), scompaiano e finiscano per perdersi, sopravvivendo solo in effimere reminiscenze.
Senza risalire alla preistoria del calcio, si potrebbe cominciare dando uno sguardo ad Euro 96, il primo ad avere un certo appeal internazionale visto il numero consistente di partecipanti (16). A creare la sorpresa in quell’occasione fu senz’altro la Repubblica Ceca, capace di issarsi sino alla finalissima dove venne battuta dal primo golden gol della storia della manifestazione firmato dal tedesco Bierhoff. Tra i grandi protagonisti di quella cavalcata vi furono in particolare quattro giocatori che finirono sui taccuini di mezza Europa. Ma se Pavel Nedved non deluse le aspettative e arrivò poi a portarsi a casa pure un Pallone d’Oro, lo stesso non si può dire per gli altri tre. Karel Poborksy era forse il giocatore che più aveva impressionato e infatti su di lui aveva puntato addirittura il Manchester United. Ma né nei pochi match disputati all’Old Trafford, né al Benfica e nemmeno alla Lazio il centrocampista lasciò ricordi particolari (fatto salvo ai tifosi di Juve e Inter che invece lo ricordano bene per ragioni diametralmente opposte di un 5 di maggio). Hanno lasciato forse ancora meno il segno gli altri due. Il centravanti Pavel Kuka visse in Germania una dignitosa carriera, ma senza grandi guizzi, mentre il portiere Petr Kouba disputò una manciata di minuti col Deportivo La Coruña prima di sparire completamente dai giornali e pure dal giro della propria Nazionale.
Euro 2000-2004
Nel 2000 a consacrarsi fu la Francia, grazie anche questa volta ad un golden gol. A stupire fu però un super Portogallo, trascinato non solo dai suoi campioni Figo e Rui Costa, ma anche dalle reti del giovane Nuno Gomes. La punta era reduce da ben 60 reti in 3 stagioni con la maglia del Benfica e su di lui piombò la Fiorentina con l’intento di farne il nuovo Batistuta. Al Franchi però il lusitano non si rivelò la tanto sperata macchina da gol e dopo due stagioni non più che discrete (condite peraltro dal fallimento del club viola) se ne fece ritorno alle Aquile, dove non riuscì più a brillare e finì col segnare lo stesso numero di reti dell’esperienza precedente… ma in 9 stagioni invece di 3. Decisamente peggio fece il suo connazionale Abel Xavier, terzino dalla chioma ossigenata che passò da eroe a capro espiatorio nella semifinale contro i francesi. Dopo una squalifica di ben 6 mesi per gli insulti all’arbitro in seguito al rigore decisivo di Zidane, Xavier girò praticamente tutti i campionati del continente, senza mai convincere nessun club a tenerselo.
Quattro anni più tardi, in casa proprio del Portogallo, andò in scena una delle più indimenticabili favole del calcio moderno, il “miracolo greco”. Tra gli autori principali di quell’exploit c’era senz’altro il bomber Angelos Charisteas, autore di 3 pesantissimi centri. L’ellenico dal fisico statuario dopo l’Europeo finì a girovagare per Germania e Olanda senza però riuscire mai a ritagliarsi il posto fisso e segnando solo qualche sporadica rete. L’indiscusso leader e capitano di quella Grecia era il centrocampista Theodoros Zagorakis che, sebbene già sulla via del tramonto, quell’estate venne acquistato in pompa magna dal Bologna, salvo poi fare ritorno a casa dopo una sola stagione non particolarmente memorabile. Vera e propria stella dell’edizione fu il capocannoniere del torneo, il ceco Milan Baros. La splendida Repubblica Ceca fu eliminata in semifinale, ma il giovane attaccante strabiliò tutt’Europa con la sua bravura sottoporta. Peccato che poi che con le maglie di Liverpool, Aston Villa, Portsmouth e Lione la bocca di fuoco vistasi nel torneo lusitano non si mostrò praticamente più e solo quando ormai era uscito dai radar che contavano finendo al Galatasaray riuscì a ritrovare un po’ il senso del gol.
Euro 2008-2012
Nel 2008 una squadra uscita praticamente dal nulla fu capace di ammaliare tutto il continente: la Russia. Sebbene gli ex sovietici non riuscirono a replicare l’exploit greco (arrendendosi al penultimo atto ai futuri campioni della Spagna), fecero comunque vedere il calcio più bello della manifestazione grazie in particolare ai loro tre assi: Andrey Arshavin, Yuri Zhirkov e Roman Pavyluchenko . Il funambolico fantasista si accasò all’Arsenal e vi restò per 4 anni, ma certamente più tra ombre che tra le tante attese luci. Pure il “nuovo pendolino” Zhirkov finì a Londra, ma dalla sponda opposta, al Chelsea, dove durò però decisamente meno di Arshavin, tornando in patria dopo due stagioni nelle quali non aveva praticamente mai inciso. E il caso volle che a Londra ci finì anche l’ultimo componente del trio, l’attaccante Pavyluchenko, che firmò per il Tottenham. Ma le fatiche per guadagnarsi il posto da titolare malgrado il gradimento dei fan lo fecero desistere dal continuare la sua esperienza all’estero.
Anche nell’edizione del 2012 un russo fece parlare di sé. Era il talentuoso Alan Dzagoev, che al contrario dei suoi “predecessori” però non si fece incantare dalle sirene inglesi e restò per tutta la carriera al CSKA Mosca, uscendo così tuttavia dal calcio che conta. Tra gli inattesi protagonisti di quel torneo, quello che fece più impressione fu però certamente Mario Balotelli. Reduce da una buona stagione con il Manchester City, l’attaccante bresciano mostrò il meglio di sé in Polonia e Ucraina e negli occhi di tutti gli spettatori resta ancora oggi la meravigliosa doppietta realizzata in semifinale contro la Germania. Peccato poi che quella “forza della natura” da allora non l’ha più vista nessuno se non in rari casi e di lui si è finiti col parlare molto più dei capricci e delle polemiche che di calcio giocato.
Da Euro 2016 a oggi
Nel 2016 non si può non parlare di chi è stato il vero re per una notte. Già perché a permettere di alzare il trofeo di campione d’Europa al Portogallo non fu la superstar Cristiano Ronaldo (uscito anzitempo dalla finale per infortunio), ma l’inaspettato Eder. Il quale rimarrà per sempre nei libri di storia per quel gol decisivo realizzato al 109’. Ma solo per quello, perché nessuno eccetto forse qualche familiare potrà poi dire di ricordarsi un’altra rete del lusitano, il quale dopo una parentesi al Lille si è accasato al decisamente meno prestigioso Lokomotiv Mosca. Tra i giocatori più discussi dell’ultima edizione ci sono senz’altro quelli dell’Islanda dei miracoli (ma né Ragnar Sigurdsson al Fulham né Kolbeinn Sigurthsson al Nantes prima e al Galatasaray poi, hanno regalato alcun miracolo ai propri nuovi tifosi…), ma è in particolare un altro portoghese ad aver attirato tutti gli occhi su di sé: il giovanissimo Renato Sanches, prontamente messo sotto contratto dal Bayern. A Monaco (e nei vari prestiti susseguenti) non ha però inciso come ci si aspettava e, sebbene sia ancora molto giovane, per il momento pare essere solo l’ennesima meteora che ci ha regalato il campionato europeo per nazioni. In attesa della nuova stella (cadente o meno) che illuminerà il continente nelle prossime settimane.