Quando ormai lo sport giocato è costretto a fermarsi a tempo indeterminato, Rivista Corner ha voluto incontrare virtualmente un giovane che da ben 13 anni rimane fedele all’unihockey, e che porta in alto i colori rosso e blu, quale unico ticinese in LNA: Andrea Menon.

Andrea, ormai giochi a unihockey da quando avevi 11 anni, come hai scelto questo sport?

“Da piccolo ho fatto qualsiasi tipo di sport e grazie ad un amico ho provato anche l’unihockey. Mi è piaciuto da subito, forse anche grazie alla sua grande somiglianza con l’hockey”

Giochi nel ruolo di difensore, come mai?

“Non ricordo esattamente il perché. Nelle giovanili ho sempre giocato come centro, ma quando sono stato promosso in prima squadra, mi hanno spostato in difesa. Vista la mia stazza (194 cm) è sicuramente stata la decisione giusta” 

Classe ‘95 – e da lì anche il tuo numero di maglia #95 – o c’è un’altra ragione?

“Il mio numero preferito è il 16, e prima della mia esperienza a Zugo non avevo mai usato un numero diverso. Purtroppo però, sono stato costretto a cambiarlo perché il 16 era già occupato. Non sapevo quale numero scegliere e sono quindi andato sull’alternativa più scontata. Probabilmente il #95 mi porta fortuna visto che da quando lo indosso ho raggiunto davvero dei bei traguardi”

Grazie all’unihockey hai anche fatto un’esperienza all’estero..

“Sì, nel 2013 ho passato 9 mesi nella città di Motala, in Svezia. Sono riuscito ad integrarmi al meglio grazie a Giorgio Battaini (originario di Lugano, e attualmente docente di italiano e unihockey) che viveva già lì.
Ho giocato per il Solfjäderstaden IBK in seconda lega e per la loro squadra giovanile.
È stata un’esperienza davvero interessante e la consiglierei a tutti. Andare all’estero per un po’ di tempo e vedere la realtà di tutti i giorni con occhi diversi è un arricchimento: si impara davvero molto”

…un’esperienza non solo sportiva

Durante il mio soggiorno a Motala ho frequentato il liceo locale. Purtroppo non ho potuto partecipare a tutte le lezioni, poiché, non conoscendo la lingua, sarebbe stato troppo difficile. Ma ho cominciato un corso di svedese per principianti: é una lingua che mi piace molto e non è troppo difficile da imparare, soprattutto se si mastica già un po’ di tedesco. Purtroppo però, in Svezia parlano tutti inglese, e quindi non ho davvero sfruttato appieno la mia occasione di imparare la loro lingua. Probabilmente ero troppo giovane per rendermi conto di questa opportunità, e se potessi tornare indietro, mi impegnerei sicuramente molto di più per impararlo”

Cosa ti ha colpito di più di questa esperienza?

“La cosa che mi ha impressionato di più è la variazione del ciclo giorno-notte nel corso delle diverse stagioni. In inverno, infatti, avevo l’impressione che fosse sempre buio. Il sole non si vedeva spesso. Una volta, durante una lezione di francese, la professoressa ha spontaneamente deciso di fare lezione all’aperto, perché dopo un paio di settimane era finalmente tornato il sole. Fuori c’erano -5°C e pensavo che scherzasse… ma non era così!”

Torneresti in Svezia per un’esperienza come professionista?

“La Svezia è il paese più importante per l’unihockey, e la SSL (la loro LNA) è il campionato più prestigioso del mondo. Se dicessi che non mi piacerebbe poter giocare una stagione nella massima serie svedese mentirei, ma di unihockey non si vive, e preferirei dare la priorità alla mia formazione e carriera lavorativa qui in Svizzera”

Si può dire che sei un semi-professionista a Zugo?

“Sì, diciamo così. L’impegno è praticamente quello di un professionista. Se penso che in altri sport girano molti soldi anche nelle categorie minori, devo dire che l’unihockey in questo senso è ancora un po’ indietro. Forse però, è proprio lì che sta il bello di questo sport…”

Sei anche iscritto all’università, cosa studi?

“Studio diritto all’università di Zurigo e quest’estate porterò a termine il mio bachelor”


Ti piace giocare per lo Zug United? Qual era l’obiettivo di questa stagione?

“Sì, mi piace molto ed è una società sportiva a cui sono molto legato.
Grazie allo Zugo ho raggiunto i traguardi più importanti della mia carriera: nel 2017 siamo stati promossi i NLA, e da lì per tre volte consecutive ci siamo qualificati per i playoff, quest’anno poi abbiamo vinto la coppa svizzera.
Purtroppo la stagione è finita in anticipo a causa del Corona virus. Dunque non ci sarà nessun campione svizzero per il campionato 2019/2020. Nella serie di playoff eravamo in vantaggio per 2-1 nella serie contro Köniz. Nelle ultime due stagioni abbiamo perso due serie di playoff contro di loro. Posso dire che loro sono veramente la nostra bestia nera e questa stagione sembrava fosse quella giusta per riuscire finalmente a batterli…”

Anche se il campionato non avrà un vincitore, in questa stagione hai già avuto modo di festeggiare. Da fresco vincitore della coppa svizzera, quali sono state le tue emozioni?

“È stata un’esperienza fantastica. Sono partito dalle categorie più basse e passo dopo passo sono arrivato a giocarmi la finale di coppa svizzera a Berna davanti a più di 3000 persone. Se penso da dove sono partito e al mio percorso, il fatto di aver potuto alzare quella coppa è stato qualcosa di incredibile”

Il sostegno da parte del pubblico non è mancato, ma come cambia il pubblico ticinese da quello svizzero tedesco?

“Il pubblico ticinese è molto più passionale e rumoroso, mentre quello svizzero tedesco è molto tranquillo, quasi quasi non si sente”

Hai un portafortuna per le partite?

“No, ho diversi rituali, ma nessun portafortuna. Nel giorno della partita ho sempre una mia routine che seguo scrupolosamente e che mi aiuta a prepararmi mentalmente”

Come vedi il futuro dell’unihockey ticinese?

“È una domanda difficile, ormai sono lontano dalla realtà unihockeystica ticinese e non voglio esprimermi su qualcosa di cui non conosco i dettagli.
Nelle diverse società ticinesi ci sono però tantissimi giovani promettenti e spero che il futuro sia roseo. Il Ticino Unihockey e il Verbano sono ormai due squadre che in LNB terminano la stagione sempre nelle zone alte della classifica e questo è un buon segno. Per dare un seguito a questo successo è però fondamentale che le società investano sui giovani.
Per quanto riguarda la SUM, quello che ha raggiunto il ladies team è stato storico: la prima squadra ticinese nella massima serie!”

Da Momò, ti manca un po’ il Ticino?

“Sì, certo, mi manca molto. Mi manca soprattutto il Mendrisiotto, ma essendo cresciuto con una mamma svizzera tedesca, mi trovo bene anche qui a Zurigo. Mi piace la mentalità e penso che mi si addica molto”

Qual è il tuo più bel ricordo riguardante l’unihockey?

“Ce ne sono tanti, la promozione in prima lega con la SUM, la promozione in LNA con lo Zugo… sicuramente però, le emozioni più forti le ho provate quest’anno quando abbiamo vinto la coppa svizzera”